Chiudi gli occhi Fin dagli albori la rivoluzione industriale ha creato un forte dissesto e squilibrio nella vita degli esseri umani. Se da un lato innegabilmente ha contribuito a migliorare la qualità della vita di uomini e donne dall’altra ha avuto un impatto disastroso sull’ambiente con l’abbandono dei campi, la deforestazione per usare il legno come combustibile e l’inquinamento solo per citarne alcuni. Dal resto basti pensare che la riflessione sul rapporto uomo natura già era emersa con il Romanticismo in un’epoca in cui la progressiva affermazione dell’industria stava rivoluzionando la realtà sociale con importanti e seri contraccolpi per le campagne. Pertanto anche i pittori dell’800 percependo questo cambiamento epocale cominciarono a osservare la natura in maniera differente e a porsi in empatia con essa. Gli artisti non a caso hanno una sensibilità tale con cui riescono a leggere tra le righe della realtà; intuiscono nelle pieghe delle apparenze determinate problematiche cogliendo e mettendo in risalto dinamiche sottaciute o poco evidenti. Giusy Lauriola rientra pienamente in questa categoria. Analizzando la poetica dell’artista si evince in maniera chiara come la riflessione sulla realtà circostante sia alla base del proprio linguaggio pittorico. Il codice espressivo così dipanato sulla tela è il risultato di un’attenzione emotiva a quei piccoli dettagli, spesso ignorati perché fagocitati dal vortice frenetico della vita di oggi, che compongono la scenografia del quotidiano. Cosicché una scalinata con piante rigogliose e insolite, quasi fosse una piccola oasi verde poco battuta, diviene l’incipit di considerazioni sulla natura e di come questa esasperata dalla moderna civiltà industriale appena può tenti di riconquistare degli spazi. E quelle superfici redente dall’abbrutimento dell’indifferenza e della standardizzazione diventano boccate di ossigeno per i polmoni e per l’anima. Dunque il rapporto essere umano-natura è il focus sul quale si concentra l’ultima produzione della Lauriola trovando completamento nelle tele realizzate per la mostra site specific presso l'Aranciera di San Sisto, edificio costruito nel 1926 per dare riparo a quelle piante che maggiormente risentono delle temperature invernali. Proprio qui in questo lembo di Roma carico di storia si percepisce una dimensione di sospensione temporale. Tale atmosfera protettiva verso piante delicate, in un luogo dove l’idillio bucolico tutt’ora risplende incastonato nel cuore pulsante della città, ha profondamente ispirato l’artista. Così foglie e fiori, arbusti e rami vengono elevati a coprotagonisti nei nuovi lavori. Assistiamo ad esempio allo germogliare sulle superfici pittoriche di bianchi petali, icone di purezza e caducità, colmi di suggestioni orientali. Sono presenze discrete poste su fondi in cui la stesura cromatica priva lo sguardo di reali riferimenti spaziali. L’occhio è avvolto da una sensazione aleatoria indefinita la quale trasmette una naturale sensazione di calma e tranquillità. Quindi quello che osserviamo nelle opere di Lauriola è il dissolvimento del mondo fenomenico, o quanto meno la sua scomposizione, a favore di una realtà metafisica in cui l’oggetto raffigurato appare come il perno sul quale poggia l’intera architettura compositiva in una serrata relazione tra figura, gesto e colore; l’artista pone in relazione strutturale il proprio mondo interiore con quello esteriore attraverso una narrazione dove le immagini sono dense di concetti legate ai simboli e l’astrazione di base ha la capacità di accogliere e coinvolgere il pensiero riflessivo. Le mangrovie raffigurate, ad esempio, incarnano l’icona della forza e della volontà di sopravvivenza in una realtà di per sé non agevole, l'affermazione di un progetto di vita anche quando le condizioni lo escluderebbero. Queste piante hanno radici esterne che innalzano il tronco dal fango per proteggerlo e addirittura utilizzano l’acqua salmastra espellendo una grande quantità di sale. Lauriola in tal maniera indica che i nostri sentimenti devono essere alti e profondi, come le radici summenzionate, per allontanarci dal fango dell’individualismo esasperato; e dobbiamo prendere spunto dall’azione di filtraggio delle foglie o della corteccia della pianta per allontanare da noi tutte le scorie residue della vita quotidiana. Nel dualismo tra astrattismo di base e figurativo di carattere simbolista la presenza umana viene introdotta da oggetti legati alla sfera della quotidianità i quali rimandano ad una fruizione dell’ambiente consapevole. Sedie, poltrone e interni annunciano donne e uomini senza renderli manifesti lasciando nell’osservatore una sensazione di vissuto legata alla propria sfera emotiva. Tali oggetti hanno anche un’altra funzione fondamentale nell'ultima produzione di Lauriola. Tramite questi l’artista ci invita a fermarci, a chiudere gli occhi per godere del respiro del creato e così facendo poter finalmente vedere una nuova realtà da vivere in sintonia con la Natura. Carlo Ercoli 5 4
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