Una volta preso in affitto uno studio in centro, vicino casa, il salto è stato facile. Ah, quasi dimenticavo, nel frattempo mi sono sposata e ho avuto due figli, Marco e Sofia. Quando uno ha la vena creativa, qualcosa deve pur fare. Un giorno, erano quasi due anni da quando avevo cominciato a prendermi sul serio e a produrre quadri in quantità, incontro Sergio Rispoli ad un vernissage in via Margutta. Esponeva un pittore norvegese, carino. Non posso dire altrettanto della mostra. Non si dovrebbe lo so, ma ormai l’ho detto. “Ciao Sergio!” Io. “Ciao …” Dall’espressione si capiva che, se qualcosa di molto vago il mio viso poteva ricordargli, sul nome non c’erano speranze. “Sono Giusy, l’amica di Daniela. Ti ricordi, due o tre ere geologiche fa?” “Sì, sì. Aspetta, ma non ti chiamavi così, non eri …?” “Pina. E’ che non lo sopportavo proprio. Ho approfittato della mia parentesi giornalistica in cui mi firmavo con lo pseudonimo Giusy Magenta. E Giusy è rimasto.” “E come stai, che fai da queste parti? Non dirmi che sei qui per questa mostra?” “Già. Mi hanno invitata e adesso stanno cercando di persuadermi ad esporre in questa galleria. Ma non mi convincono.” “Un’artista, quindi. Dipingi?” “Già.” E così abbiamo cominciato a frequentarci, a parlare di arte e a visitare mostre. Finalmente qualcuno con cui poter condividere la mia passione, una persona che parlasse la mia stessa lingua. O meglio, lui parlava un linguaggio al quale io tentavo di avvicinarmi, ma mi rendevo conto di essere ancora alla preistoria. All’epoca, quando visionò i miei lavori fu molto gentile, mi disse che per aver cominciato dai 10
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