ta e andare, senza dover chiedere niente a nessuno. Una sensazione di libertà ed indipendenza senza eguali. Vivevamo in un mondo tutto nostro a due metri da terra, forse è quello che ci rendeva inattaccabili o molto più probabilmente siamo state solo fortunate, ma non ci sono mai capitate esperienze negative, abbiamo quasi sempre trovato persone ospitali e disponibili. Certo, mi mancava il grande amore, ma forse sarebbe stato un impaccio, conoscendomi avrei anche potuto rinunciare ai miei vagabondaggi. Giravamo per le città europee, visitando musei, scrivendo le nostre esperienze su dei quaderni, regalateci dall’artista Luigi Ontani, che diventavano fitti di disegni, foto ritagliate (sic!), piccoli racconti. In un caldo e noiosissimo pomeriggio del 1977 io e Daniela a Roma ad una fermata dell’autobus - i ritardi cronici dell’Atac hanno contato molto nei miei incontri – abbiamo conosciuto Suzanne, una ragazza tedesca con due forti occhi azzurri, un taglio cortissimo di capelli biondi e un gran sorriso. Ci siamo messe a parlare del concerto che il mitico Bob Dylan avrebbe tenuto a Rotterdam il giorno dopo…. non potevamo mancare! L’indomani mattina eravamo tutte e tre in viaggio in autostop. All’inizio del concerto eravamo fuori dallo stadio e, manco a dirlo, senza una lira in tasca. Tutto accadeva come per magia, se volevi, potevi; convincere quei ragazzi all’ingresso che siccome eravamo venute apposta da Roma, dovevamo entrare per forza; ballare in mezzo allo stadio truccate giusto con qualche fiorellino disegnato sul viso; dormire a casa di un ragazzo olandese che ci aveva trovate mezze tramortite dal freddo su un marciapiede. Qualche tempo fa ho dipinto una serie di quadri su Bob Dylan. Con uno spirito decisamente diverso. “How many years must one man have, before he can 14
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