Attenzione, non stiamo parlando del singolo psicopatico o della scheggia impazzita, ma di gente disposta a sfruttare le altrui psicopatologie ai danni di persone più deboli se non inermi, al solo scopo di lucro. Arrivare a giustificare una guerra per interesse è cosa di un attimo. Pare che il cosiddetto terzo mondo esista per soddisfare le comodità o le necessità dei paesi sedicenti sviluppati. Con il fenomeno della globalizzazione poteva sembrare che tante disparità fossero destinate a risolversi e che lo sfruttamento potesse finalmente tramutarsi in opportunità di lavoro, di crescita. “Quante più persone verranno a conoscenza dei segreti della rete globale dei marchi e dei logo, tanto più la loro indignazione alimenterà il grande movimento politico che si sta formando, cioè una vasta ondata di contestazione che prenderà di mira le società multinazionali, in particolare quelle con i marchi i più conosciuti” scrive Naomi Klein nel suo ‘No Logo’ , che nella sua ricerca è riuscita a salire “…lungo il percorso delle scarpe da ginnastica Nike arrivando alle fabbriche abusive in Vietnam, dai corredini di Barbie fino ai bambini lavoratori di Sumatra, dai caffè di Starbucks fino alle piantagioni di caffè del Guatemala, e dall’olio Shell fino ai villaggi del delta del fiume Niger”. Effettivamente ogni tanto ho la sensazione che qualcuno stia dirigendo le nostre esistenze. E che quel qualcuno non sia Dio – sebbene presumo che la sindrome da identificazione sia latente. Se c’è un pregio nei nostri tempi è dato dai mezzi di comunicazione: nel bene e nel male, adesso sappiamo. Tutti sanno, quelli che vengono sfruttati (che forse un qualcosina già sospettavano) e sappiamo noi (che magari ci poteva far comodo fingere di non sapere). E il sapere implica una responsabilità. Quella di vivere il proprio tempo cercando 21
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