Non capivo come mai tutto il mondo non parlasse della sua scomparsa, non condividesse il nostro dolore. L’impossibilità di sentire ancora la sua voce, i suoi racconti. L’impotenza. Sono stata io a doverlo dire a mia madre. Urlava all’altro capo del telefono. Urlava e piangeva. Che compito ingrato, mi sentivo come se l’avessi ucciso io. Le nostre vite insignificanti e colpevoli avevano causato quella tragedia. Ecco cosa provavo. Oggi di fronte alla morte sono diventata di ghiaccio. Mi è entrata dentro, è in me. Eravamo davanti alla camera mortuaria e mi avevano detto di evitarci lo spettacolo di un ragazzo sfigurato da un incidente. Ma come si può fare ad aver paura della morte di una persona che ami. Entrammo. Lui era lì bellissimo, abbronzato e addormentato. Non lo toccai per evitare di cancellare il suo caldo abbraccio. Me ne sono pentita amaramente. Piccola stupida pavida. La sera ho avuto un attacco di panico, non riuscivo a respirare. Mi hanno portata in ospedale, parlavo con lui, lo vedevo arrivare. La mattina dopo, mentre ero ancora ricoverata sotto sedativi, lo hanno chiuso in quella bara. Hanno sigillato un anonimo coperchio sul suo adorato volto. Addio per sempre. Ma perché non ce lo date? Fatemi vedere cosa succederà a mio fratello. Perché me lo togliete, perché tutto deve essere nascosto? Per fortuna ho continuato a sognarlo. Tante volte. Una notte stavamo camminando insieme su un cumulo di macerie, abbracciati come sempre e io gli chiesi “Marco cos’è la morte?” e lui mi rispose: “Pensa a vivere”. La sua morte ha cambiato la mia vita radicalmente. “Pensa a vivere”. Ho guardato la mia vita: una miseria. Vivevo con un ragazzo che non amavo più. Solo che Marco ora mi guardava. Lui che non aveva più nessuna possibilità e io che sprecavo il mio tempo così prezioso, così tanto rispetto al nien- 27
RkJQdWJsaXNoZXIy MTI4OTA5