tasia o della curiosità cercare di immaginare o di scoprire quello che c’è al di là. Nelle mie opere passate ho raccontato altre storie, le mie storie. La felicità di sentirmi finalmente libera. Grandi fiori, prati colorati.Poi il reale è tornato a tormentarmi. La realtà delle immagini, scriveva la critica Barbara Drudi guardando le mie opere della seconda fase. Ancora quelle immagini che fotografavo in tv, per strada, ritagliavo dagli inserti dei quotidiani. Grazie alla mia passione per il computer ho iniziato a trattare le immagini. Sono nati così i quadri a tre strati: la tela, le immagini lavorate e plottate e poi il mio intervento finale. La realtà mi affascinava e mi confondeva. Dopo gli astratti volevo fare tabula rasa pronta per una nuova rinascita. Qualcosa di ancora non ben definito tentava di emergere. Mi dovevo fermare, riflettere ed aspettare. In ogni caso il mestiere di mamma me lo imponeva. Per i miei due figli Marco, classe 1996 e Sofia, ‘99, ogni estate ho affrontato il fermo produzione teso ad iniettare in loro quella dose annuale di iodio.Hai voglia di tempo per riflettere. Tra il 2002 e il 2003 per un certo periodo ho condiviso un garage-studio di 300 metri quadri, molto artistico, molto trash e molto lontano da casa con altri due giovani artisti. Mi sono voluta immergere in un’esperienza che mi era mancata, quel modo di vivere l’arte in maniera totalizzante che non potevo più realizzare. Quello che forse avrei dovuto fare a diciotto anni a New York anziché perder tempo in California tra feste e birra… non che nella grande mela sarebbero mancate! Ho assaporato quella vita, quello spazio immenso, quel condividere la creazione rimanendo tuttavia in mondi separati. Mi sentivo nella mia Factory e ho sperimentato uno spaccato che mi mancava. Fino ad allora ero rimasta chiusa nel mio studio, senza nean- 34
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