frisse a giorni alterni una versione afro-asiatica o latino-americana, cambierebbe qualcosa nella nostra esistenza? Ne risentirebbero le nostre abitudini, le nostre relazioni, il nostro shopping? L’installazione fotografica di Giusy Lauriola, che viene illustrata più avanti in questo libretto (e che costituisce l’opera principale della sua mostra allestita nella Galleria Salon Privé di Roma), è un grande collage digitale, una striscia di 30 metri, formata da immagini estrapolate dai tabloid e dal web, e riassemblate in maniera sarcastica e provocatoria. Sono in prevalenza foto di violenza e desolazione, contaminate da altre immagini che invece rispecchiano una società che non soffre. La striscia disegna un luogo unispaziale e atemporale di paradossale coesistenza, dominato dalle icone di un’umanità martoriata, offerte all’indifferenza di uno sguardo che ha imparato a disconoscere il senso della tragedia che esse rappresentano. Per trasmettere il suo atto di denuncia, l’artista si è avvalsa delle stesse metodologie e linguaggi dei circuiti mediali. La striscia è difatti stampata su un supporto industriale di pvc traforato, identico a quello dei pannelli pubblicitari che ricoprono i fabbricati in via di ristrutturazione nei centri urbani o i mezzi pubblici di trasporto cittadino. L’opera è inoltre accompagnata (in occasione della mostra) da un breve “corto” che con la tecnica dei videoclip presenta una giovane donna intenta a truccarsi pigramente davanti a un grande specchio dorato, dentro il quale scorrono immagini di devastazione e di morte. Nelle pagine che seguono Giusy Lauriola, infine, racconta come in un feuilletton il proprio percorso esistenziale ed artistico, una sorta di diario privato, in cui peraltro potrà trovare utili spunti d’indagine chiunque voglia maggiormente accostarsi al suo modo di fare arte. Chiude questo libretto la giornalista Agnieszka Zakrzewicz con un saggio essenzialmente centrato 5
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