Dicevo, dunque, che ero partita con l’idea di rappresentare una storia che fosse attuale ed universale allo stesso tempo. La guerra, il terrorismo, il sistema d’informazione, sono argomenti che ultimamente ci stanno bombardando, è il caso di dire, e che si sono praticamente imposti da sé. Ho scelto di metabolizzarli attraverso immagini digitali rivedute e corrette al computer. Che c’entra tutto ciò con l’arte, la pittura? Assolutamente nulla. O meglio, dal mio punto di vista è esattamente la stessa cosa. So che in molti non la pensano così, convinti che nella prova di destrezza manuale si riveli il vero artista - come se non fossi comunque io a comporre! -. Non posso farci niente (10 anni di pubbliche relazioni buttati al vento), quella di esprimere un sentimento, delle sensazioni o forse un ideale sono una mia esigenza. La vera scelta è nel “come”. E se ieri mi sentivo intimamente appagata da una lunga pennellata carica di rosso, per rappresentare un calla grande quanto una porta, oggi ho la necessità di aprirmi a ciò che sta succedendo “là fuori” e che si sta pian piano avvicinando al nostro “qua dentro”. Forse ora sono alla ricerca più che del plauso – affermazione rischiosa -, di altri che come me credono più alle immagini che ai sottotitoli. E per dire questo ho scelto una via più svelta: il digitale. A scapito della componente “artigianale”, ho preferito l’impatto delle dimensioni e dell’immediatezza. Domani, chissà, potrei aver nuovamente bisogno di rimescolarmi nel materico o forse di proteggermi con plastiche e siliconi. Oppure mi basterà un segno sulla tela. Il sogno di chiunque: minimo sforzo e massimo risultato. Magari vendo pure. A differenza del 30 metri che, mi è stato appunto fatto notare, non è proprio il genere di tela che si monta nel salotto buono, come pannello decorativo. Immagini, fotografie, pubblicità, ritagli che mi porto appresso da una vita. Da quando nel 1989, ho 8
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