un’iconografia rinnovata e allargata non tanto in termini stilistici quanto contenutistici. Una novità di rilievo. La consapevolezza raggiunta si declina in scene in cui il teorema postulato parla al riguardante dei rapporti interpersonali sinceri come completamento dell’essere percettivo. Tutto ciò senza mai tradire il bilanciamento della struttura interna delle opere. Anzi la proporzione tra le parti domina con maggiore autorità tramutandosi in un segno risoluto e un uso deciso dei colori primari. Ogni tratto steso è meditato, ciascuna pennellata ben ponderata. La cromia in tutto ciò definisce il sentimento dei profili bidimensionali, sintesi magistrale di forza e comunicazione. E la materia lucida fa da trait d’union. Lo sfondo scenico appare disomogeneo e sofferto quasi fosse lo specchio della dimensione intima dell’artista. All’interno solo un elemento esula il controllo programmatico operato dalla Lauriola ed è la resina. La sostanza materiale da sempre vivifica la sua produzione conferendo spesso una profondità quasi assente. La velatura trasparente che prima copriva interamente la superficie del quadro ora si ritira facendo risaltare particolari eletti a icone simbolo. Questa presenza materica negli anni è andata facendosi sempre più rarefatta agendo esclusivamente in armonia con la tavolozza. Con l’esperienza l’autrice ha imparato a circoscrivere e gestire questo potente binomio per piegarlo alle proprie esigenze facendolo diventare la vera firma delle sue creazioni. Carlo Ercoli storico dell’arte e curatore Perimetro infinito In arte il pathos può palesarsi tramite un atto istintivo sfrontato e sicuro, connubio di velocità di pensiero e azione, quasi fosse un’istantanea emotiva, oppure in maniera diametralmente opposta attraverso un lento e meticoloso percorso di autoanalisi che si riflette in una tecnica più meditata; una sofferta conquista dei centimetri della tela soggetta sovente a dubbi e ripensamenti. Tra questi due poli estremi è possibile trovare una nutrita rappresentanza di soluzioni artistiche. Ed è proprio qui nella terra di mezzo, rigorosamente osservante della locuzione latina “in medio stat virtus”, che agisce la dimensione operativa di Lauriola. Fin dagli esordi l’artista romana ha fatto del concetto la propria bandiera senza per questo penalizzare assolutamente la pratica pittorica. L’idea e il pensiero impegnato si sono concretizzati in un mirabile equilibrio di forma e contenuto. Un dualismo serrato in cui una parte non riesce mai a soverchiare l’altra, ma ciò avviene per merito dell’abilità mediatrice della Lauriola la quale è capace non senza sforzi di bilanciare gli assoli e le pause. Infatti, se analizziamo i cicli delle sue opere, è chiaro come di volta in volta il dialogo tra le parti prevalga su tutto ignorando volontariamente tendenze del momento e facili mode. Sì perché la nostra, sempre molto attenta all’attualità artistica, non si fa condizionare da questa ponendosi invece in posizione autocritica costruttiva. Il mettersi in discussione è il motore perpetuo di una ricerca mai doma che ha condotto l’artista a una sperimentazione continua imperniata sul dogma segno-colore-materia. Tale triade da sempre recita un ruolo di primissimo piano nella sua poetica tutta tesa all’epifania di un messaggio avente come cardine la condizione della donna. A seconda del momento, le figure femminili hanno solcato le tele della Lauriola con maggiore o minore presenza; sempre in bilico tra realismo ed evanescenza, sottolineando sapientemente la sublime connessione tra il piano segnico e quello cromatico. La realtà interiore dell’artista viene si svela sul supporto mediante una architettura compositiva in cui ogni singola porzione lascia pochissimo spazio al caso. L’ontologia riflessiva sviscerata e offerta si dipana sulla tela con una progettualità dettagliata. Un rapporto di causa ed effetto emerge lentamente dietro fattezze esteticamente raffinate; queste tuttavia rappresentano l’incipit di un racconto mai esplicito, di cui ignoriamo le pagine passate e quelle future. L’osservatore posto innanzi all’opera trova nei suoi dettagli gli spunti per ipotizzare un vissuto immaginario. La riflessione impone, dunque, domande cui non corrispondono risposte certe. Il gineceo prevalente che alberga la produzione di Lauriola è il frutto di una discesa nelle zone più nascoste del proprio subconscio per affrancarsi da condizionamenti, tensioni o paure. Un cammino lungo di autoanalisi giunto a un nuovo capitolo visibile nelle opere della mostra “Perimetro infinito”. In queste ultime si percepisce un ulteriore passo in avanti in cui la nostra raggiunge una maturità artistica portatrice di serenità creativa. L’individualità ormai ha raggiunto una sicurezza stabile; è pronta a mollare gli ormeggi del porto in cui era adagiata per solcare i mari dell’alterità. Il prossimo non è più un ostacolo all’autodeterminazione del proprio Io. Il quadro quindi si configura come perimetro dell’anima senziente nella quale è germogliata la comprensione di una realtà vista sotto uno sguardo nuovo. Una luce immateriale, una speranza viva ammanta gli ultimi lavori. Trasudano un sentimento riappropriato tradotto in atmosfere sospese le quali ci parlano di convivialità, amicizia e passione. Così vediamo affiorare volti vicini di un uomo e di una donna, antipasto di una serata romantica, oppure profili femminili immortalati in un’ aurea di metafisica sintonia, vera brezza fresca per lo spirito. Un calice di vino rosso smeraldo incarna il preludio di un possibile trasporto emozionale. La vicinanza delle anime sensibili si impone come antidoto al veleno della deriva individualista del mondo di oggi. Dunque Lauriola ci propone la conquista di
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